La Cina esporta ogni anno 1 miliardo di preservativi che vengono venduti ai consumatori di tutto il mondo, senza che questi sappiano che sono made in China.
Il paradosso è che non pochi cinesi preferiscono acquistare le marche più note (e costose) occidentali, snobbando quelle nazionali. Ignari del fatto che, dietro l’etichetta, c’è un prodotto fatto in casa.
Uno scherzo della globalizzazione reso noto da alcune grandi aziende produttrici di preservativi, che dalla Cina riforniscono i marchi mondiali più famosi e perfino qualche organizzazione internazionale per la lotta contro l’aids.
L’uso del preservativo in Cina è stato promosso fin dai primi anni 70 per controllare la crescita demografica. Tuttavia, l’industria della contraccezione moderna si è sviluppata solo di recente e non ha ancora una sua marca.
Un profilattico costa 2 centesimi quando esce dalla fabbrica cinese, ma il suo prezzo sale, da 50 eurocent fino a 3-5 euro, una volta etichettato dalle case americane ed europee. L’anno scorso un’azienda cinese di Guilin ha realizzato un utile di soli 1,25 milioni di dollari con una produzione di 720 milioni di preservativi.
Un brand internazionale che ne ha venduti 100 milioni in Cina ha guadagnato 12,5 milioni. E pensare che sono gli stessi.