Educazione sessuale a scuola? In Svizzera non si può chiedere l’esonero. E, in tutte le scuole europee, è obbligo dei docenti rispondere alle curiosità degli studenti.
A stabilirlo, con una rivoluzionaria sentenza, è stata la Corte europea dei diritti umani (CEDU), che ha decretato che: «Gli insegnanti dovrebbero rispondere alle domande degli allievi sulla sessualità in modo adeguato alla situazione e all’età».
Con questa sentenza i giudici di Strasburgo hanno confermato la prassi delle scuole svizzere secondo cui i bambini devono partecipare a tutte le lezioni e respinto il reclamo di una famiglia di Basilea che aveva chiesto la dispensa della figlia di 7 anni dalle lezioni di educazione sessuale.
Pomo della discordia, l’utilizzo da parte degli insegnanti di un kit troppo esplicito, contenente un pene di legno e una vagina di peluche che avevano scandalizzato i conservatori. Il materiale, ritenuto inadeguato alla scuola primaria ma adatto ad un pubblico di adolescenti, è così scomparso, ma l’educazione sessuale è rimasto un punto fermo dei programmi scolastici.
Contro la “sex box” promossa dall’ufficio federale della Sanità pubblica e dal ministero della Pubblica Istruzione, si erano espressi 110000 genitori, con una campagna referendaria contro la sessualizzazione negli asili e alle elementari. I genitori chiedevano di abolire l’educazione sessuale nelle scuole primarie fino ai 9 anni di età, di renderla opzionale fino a 12 anni e di mantenere l’obbligo di educazione sessuale nelle scuole secondarie, a patto che fossero condotte da insegnanti di biologia e relative alla sola riproduzione.
L’educazione sessuale in Europa, il punto della situazione
Nella gran parte degli stati membri dell’UE, l’educazione sessuale a scuola è obbligatoria. In Svezia lo è dal 1956, in Germania dal 1968, in Danimarca, Finlandia e Austria dal 1970, in Francia dal 1973. In Olanda si inizia dall’età di 4 anni mentre in Finlandia, la Population and Family Welfare Federation distribuisce a tutti i quindicenni un kit introduttivo di educazione sessuale che include un opuscolo, un profilattico e il video di una storia d’amore in cartoni animati.
Tra le poche eccezioni di stati in cui l’educazione sessuale non esiste ci sono l’Italia, la Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia e Romania.
Nel 2010 l’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS e BZgA (Federal centre for health Education) ha emanato il libro bianco degli “Standard per l’educazione sessuale in Europa”, che contiene un quadro di riferimento destinato a responsabili delle politiche sanitarie, autorità scolastiche e sanitarie e specialisti che contiene anche le sette caratteristiche dell’educazione sessuale olistica: continuatività dei programmi formativi; partecipazione attiva dei giovani coinvolti; interattività delle lezioni; multisettorialità; sensibilità al genere; stretta collaborazione con i genitori e con la comunità; contestualizzazione rispetto al background sociale e culturale.
La petizione di Rocco Siffredi
«La pornografia dovrebbe essere intrattenimento, ma in mancanza di alternative è diventata uno strumento di apprendimento, soprattutto tra i giovani. Secondo voi è normale?»
Con queste premesse nel 2015 Rocco Siffredi in persona lanciava una petizione su Change.org per introdurre il diritto in Italia il diritto all’educazione sessuale nelle scuole.
Poiché in Italia non esiste alcuna legge in materia, Siffredi chiedeva all’allora ministro dell’Istruzione Stefania Giannini di adeguare l’Italia agli altri paesi europei.
Frattanto si auto-proponeva come formatore: «Ci metto la faccia e l’esperienza, offro la mia completa disponibilità a visitare le scuole italiane e a farmi promotore in prima persona di questa iniziativa».
La raccolta firme, presentata al ministro, ricevette solo online il sostegno di 36.093 sottoscrittori.