Anche Comodo.it si unisce al coro dei NO con l’hashtag #endFGM.
No alla circoncisione, no all’infibulazione, no a tutte le mutilazioni genitali femminili. No a chi è convinto che il corpo di una donna possa essere cucito o scucito secondo pratiche antiscientifiche e pericolosissime, nel rispetto della tradizione.
Dal 2012 ogni anno il 6 febbraio il mondo intero celebra la Giornata mondiale per la tolleranza zero nei confronti di escissioni e mutilazioni genitali femminili.
Le pratiche, tra cui la più comune e dolorosa è l’infibulazione, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno già riguardato 140 milioni di donne e bambine e che ogni anno minano la vita, la salute, la maternità e il futuro di 3 milioni di nuove donne di piccoli villaggi e grandi metropoli.
In Italia, secondo i dati forniti dal Ministero delle Pari Opportunità, vivono tra 60.000 e 80.000 donne infibulate. La pratica è però illegale nel 2006: il codice penale punisce anche chi, residente in Italia, si sottopone ad infibulazione fuori dai confini nazionali
e protegge – concedendo il diritto d’asilo a chi ne fa domanda – la protezione internazionale e lo status di rifugiato a quelle donne che dimostrano di fuggire dalle pratiche escissorie del paese di appartenenza.
L’infibulazione, un battesimo all’età adulta che distrugge la vita per sempre
L’infibulazione è una arcaica forma interreligiosa di iniziazione all’età adulta delle adolescenti. Prevede che la vagina della bambina venga prima privata del clitoride, poi delle piccole labbra e di parte delle grandi labbra. Le rimanenti estremità delle grandi labbra sono quindi cucite insieme lasciando solo un foro per l’urina e uno per il flusso mestruale. La cicatrice viene tagliata al momento del matrimonio per permettere alle vergini il rapporto sessuale e il parto.
Questo battesimo all’età adulta, che avviene con la complicità delle ‘vittime’, senza anestesia e in condizioni igieniche estreme, è per le donne solo l’inizio di un calvario che durerà tutta la vita.
Una donna che ha subito infibulazione è preda di infezioni all’apparato urinario e riproduttivo per tutto il corso della vita. Privata del piacere nell’atto sessuale, rischierà la vita ad ogni parto. L’infibulazione aumenta anche la vulnerabilità ad HiV e AIDS, ma rifiutare di sottoporvisi, per una donna, può portare all’emarginazione sociale e ad una vita di solitudine.
Cosa fa l’Italia per combattere l’infibulazione e le mutilazioni genitali femminili
Anche l’Italia è impegnata da anni per combattere le mutilazioni genitali femminili, con iniziative che spaziano dall’informazione all’azione sul campo.
Aidos (Associazione italiana Donne per lo Sviluppo), il 6 febbraio 2017 ha ad esempio lanciato la piattaforma web europea Uefgm – United to End Female Genital Mutilation dedicata alla formazione di operatori sanitari, personale dei centri di accoglienza e comunicatori che si trovano ad affrontare problemi legati alle mutilazioni ai genitali femminili.
Il portale, in otto lingue, è una guida per i professionisti che si interfacciano al problema delle mutilazioni genitali femminili.
ActionAid è invece da anni impegnata per porre fine alle mutilazioni genitali femminili tra le comunità migranti residenti in Belgio, Irlanda, Italia, Spagna e Svezia attraverso After, progetto co-finanziato dall’Unione Europea. Grazie al progetto, sono stati realizzati percorsi di informazione ed educazione tra uomini e donne stranieri residenti in Italia.