“Rapporto Fertilità”. Si chiama così il dossier nazionale che Istituto Superiore di Sanità, università Sapienza e Bologna, ospedale Evangelico di Genova, hanno reso pubblico negli scorsi giorni, invitando ad una riflessione seria sulla disinformazione di giovani e meno giovani in fatto di sesso e sessualità.
Serve riflettere perché gli italiani, lasciati da sempre al fai-da-te, finiscono per dare troppo spazio ai sogni a 20 anni, quando dovrebbero concentrarsi concretamente sulla pianificazione della propria vita sessuale e familiare … per poi finire con l’accorgersi, più o meno quindici anni dopo, che è già un po’ troppo tardi.
Dall’indagine emerge difatti che la gran parte degli studenti universitari immagina nel proprio futuro una famiglia con uno o due figli. Poi, però accade che, finita l’università, quando si diventa del tutto autonomi e i problemi di coppia, lavorativi ed economici iniziano a mettere i bastoni tra le ruote ai sogni, il desiderio si affievolisca e solo il 44% continui a prospettare dei figli.
Di questo 44% di coppie pronte ad allargare il nucleo, una fetta sempre più larga non ci riesce, perché non conosce i meccanismi della riproduzione.
Cosa pensano i ragazzi in tema di sesso e riproduzione
Dall’indagine, condotta attraverso 4 test su 16mila studenti che frequentano le scuole superiori e 14mila universitari, si scopre che l’età più consueta del primo rapporto è a 16-17 anni (il 6-7% dichiarano 14). L’età giusta per diventare genitori viene percepita tra 26 e 30, ma sono scarse le conoscenze sulla salute riproduttiva.
La fertilità del maschio viene a torto considerata eterna, quella della donna si crede perduri oltre i 50 (mentre a 35 avviene il calo drastico delle potenzialità riproduttive) e cresce la convinzione che con la procreazione medicalmente assistita si possano superare tutti gli ostacoli biologici.
Il 95% dei giovani italiani apprende queste informazioni dal web, spesso confondendo notizie da fonti ufficiali con articoli scritti a scopi commerciali, con immaginabili conseguenze. In tanti ad esempio conoscono gli effetti negativi dell’alcool sulla fertilità, ma in pochi sanno che diete drastiche e obesità sono altrettanto se non più pericolosi.
Meno della metà degli universitari ha inoltre affrontato il tema delle malattie sessualmente trasmissibili e dei metodi contraccettivi con i genitori, anche perché, 94 ragazzi su 100 pensano che sia la scuola a dover garantire ogni informazione sui temi della sessualità e riproduzione, già a partire dalle primarie. Solo il 22% dei giovani vorrebbe però ricevere le informazioni dai propri docenti curricolari.
Cosa pensano gli adulti in tema di sesso e riproduzione
Sebbene più esperti, neanche gli adulti italiani, in media, sono poi così esperti in materia di sesso e riproduzione. Pensano che la fertilità femminile cominci a ridursi solo a 40-44 anni e che l’uomo la possa conservare almeno fino ai 60. La consapevolezza che l’età giochi un ruolo importante anche per la fertilità biologica maschile sembra persino minore di quanto è emerso circa la fertilità femminile: nove persone su dieci (87%) forniscono una risposta inadeguata (oltre i 45 anni o mai) o non sanno dare alcuna indicazione.
Quanto a propensione alla procreazione, quasi la metà (il 44%) è convinto di non volere figli (o altri figli), vuoi per ragioni economiche, vuoi per questioni legate alla vita di coppia o alla sfera personale, l’intenzione è flebile. Ben un terzo delle coppie senza figli pare tra l’altro felice così ed esclude a priori ogni altra alternativa.
Cosa sanno i professionisti in materia di sesso e riproduzione
I professionisti sanitari, in generale, hanno buone conoscenze (3 su 4 hanno risposto correttamente nella maggioranza dei casi). Tuttavia si evidenziano bisogni formativi su alcune aree e sulla relativa comunicazione agli assistiti. È generalizzata, sia nella popolazione che tra i professionisti, una sovrastima sulle possibilità delle tecniche di PMA di risolvere sempre i casi di infertilità.
Cosa pensa il ministro della salute Giulia Grillo
Da parte dei medici, vi è un «generalizzato ed eccessivo ottimismo sulle possibilità di ricorrere alle tecniche di fecondazione artificiale e di risolvere sempre i casi di infertilità. Persiste inoltre la tendenza a consigliare queste cure a pazienti in cui sono inutili generando aspettative che procureranno frustrazione».
Tra le azioni da intraprendere il ministro della Salute Giulia Grillo pensa all’insegnamento di queste materie a scuola: «Ci sono molte informazioni che andrebbero date ai giovani, non possiamo abbandonarli al web. Voglio lavorare sulla creazione di un database certificato».